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- 15 - Il crollo della natalità è la vera origine della crisi economica
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3111
IL CROLLO DELLA NATALITÀ E' LA VERA ORIGINE DELLA CRISI ECONOMICA di Ettore Gotti Tedeschi
Sono quasi vent'anni che tratto, in ottica economica, temi a difesa della vita, della famiglia, e propongo il crollo della natalità quale origine vera della attuale crisi economica. Sarà forse per questo che una parte del mondo cattolico non mi ama. Sono quasi vent'anni che cerco di spiegare qualitativamente e quantitativamente che senza aumento delle nascite il Pil – di fatto e senza retorica accademica – nel mondo cresce solo se si fanno crescere i consumi individuali.
Per creare una cultura di consumismo si devono installare nella cervice umana concetti di soddisfazione materialistica al posto di quelli di soddisfazione intellettuale e spirituale. In pratica per sentirsi soddisfatti, materialmente, ci si deve sentire "animali intelligenti".
Se ciò non fosse non ci si contenterebbe dei beni materiali (in senso lato). Ma la crescita consumistica, quale compensazione di crescita zero della popolazione, non crescendo realmente e in modo sostenibile il Pil, pretende potere di acquisto in crescita. Se quello reale non c'è, si comincia a "mangiar" risparmio per arrivare progressivamente alla magia dell'indebitamento progressivo. In un sistema poi di welfare maturo la non crescita reale del Pil produce la crescita reale dei costi fissi (sanità, pensioni, ecc.) che viene coperto da sempre maggiori imposte, che riducono il potere di acquisto e gli investimenti. Per sostenere detto potere di acquisto necessario ai consumi si delocalizzano le produzioni in Paesi a basso costo. Ma questo, senza strategie alternative, crea vulnerabilià di produzione e occupazione... In pratica crea la situazione cui siamo arrivati. Ma di ciò non possiamo parlare in vera libertà perché il problema, quando dalla diagnosi si passa alla prognosi, viene allora ricondotto ad essere un tema morale. E la morale come orientamento di discussione "scientifico" è rifiutata. I figli non si possono più fare.
Vorrei prendere questa occasione per invitare il lettore a leggere l'Enciclica di papa Francesco (Lumen fidei) che curiosamente non ha destato l'attenzione dovuta. Forse perché spiega le responsabilità della Chiesa quando si limita ad esser consolatoria e non maestra.
In Lumen fidei Francesco spiega che l'uomo ha bisogno di verità di riferimento per dar senso alla vita, alle azioni e valorizzare la società, la famiglia. Gli equilibri socio-economici dipendono da questi valori attuati. Il valore essenziale, antropologico e logico, della vita umana viene trattato da Paolo VI in Humanae vitae, che a momenti non provoca uno scisma grazie alle reazioni teologiche dei H. Kung o K. Rahner, più vicine alle richieste del mondo globale che alla dottrina cattolica. Così i neomaltusiani ebbero spazio e buon gioco nell'imporre il pensiero antinatalità che ci ha portato quasi alla distruzione di un sistema di civiltà.
Qualche mese fa si lesse sui giornali che il reddito delle famiglie italiane era tornato indietro di 27 anni. No, in realtà era cresciuto illusoriamente in 27 anni, sostituendo la crescita consumistica a una crescita equilibrata della popolazione, nella illusione folle che non facendo figli si sarebbe diventati più ricchi. Ma la natura ha dimostrato il contrario, o persino peggio: senza fare figli non si può neppure più mantenere i vecchi... quelli che hanno decretato la bontà del maltusianesimo. Mancando idee in un tempo di emergenza culturale, idee false appaiono vere.
TEST PER IL LETTORE: NASCE PRIMA L'UOVO O LA GALLINA?
Voglio dire: si deve esser ricchi per far famiglia e figli o si diventa ricchi facendo famiglia e figli? Oggi ci si lamenta che una coppia a parità di status professionale, età ecc. guadagni mediamente meno del solo...Fri, 24 Jan 2014 - 14 - Holyart, l'amazon degli articoli religiosi
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HOLYART, L'AMAZON DEGLI ARTICOLI RELIGIOSI di Paola Belletti
Arrivo in anticipo presso la sede di Holyart, una grande e bella struttura che si pianta solida nella campagna reggiana solcata dalla A1. È tutto nuovo, ordinato, vivace come l'approccio delle prime persone che vedo. Mi viene incontro Stefano Zanni, fondatore e Ceo di Pulchranet, di cui Holyart è il brand principale. È un'impresa di e-commerce che dal 2006 distribuisce in tutto il mondo articoli religiosi, con un fatturato di 15 milioni di euro: 160 i Paesi raggiunti dalle consegne, 67.000 gli articoli a catalogo, 70 i collaboratori. Lo seguo nella visita agli spazi, 10.000 metri quadrati tra magazzino semi-automatizzato (con capacità logistica fino a 2.000 pacchi a turno) e uffici, sale meeting, spazi comuni, È il più grande hub logistico di articoli religiosi d'Europa. Dall'autostrada il marchio "si legge" inequivocabilmente, quel little bit di inglese lo conosciamo tutti. In un corridoio a piano terra campeggiano i volti di quelli che Zanni definisce senza soggezione i titolari della serie A dell'economia digitale: Jobs, Musk, Zuckerberg, Bezos, etc; Holyart gioca nello stesso campionato, sebbene con dimensioni non paragonabili. «In questo settore le scorciatoie per evitarsi tanti problemi sono relativamente semplici da imboccare», mi dice pensando anche alla spregiudicatezza dei big, «ma io ho deciso di non prenderle».
La decisione dipende dal fatto che, oltre ad essere inaccettabili, possono alla lunga danneggiare la crescita?
«La mia decisone di fondo è fare quello che è giusto, del resto non mi devo e non mi voglio preoccupare».
Algoritmi, Ai, logistica... cosa può restare del romantico fattore umano in tutto questo? E di cattolico? Le cose, una volta avviate, funzioneranno quasi da sole...
«Uno dei fattori principali che ha costruito e consente il successo di Holyart - più 8% nel 2022, e una crescita che prosegue anche dopo la spinta eccezionale del periodo Covid - è il lavoro di descrizione e correzione continua delle schede articolo».
Un esempio emblematico?
«Ho scoperto che la maggioranza dei sacerdoti, dicendo Messa ogni giorno, sa quante particole contiene una pisside solo prendendola in mano, ma se nella scheda legge il diametro, non gli è utile. Ora, dopo averla testata, indichiamo la capienza, il dato che può portare alla decisione d'acquisto, e lo steso avviene per tutto».
Un continuo lavoro di ascolto clienti, dunque...
«All'inizio il dialogo è col fornitore, in seguito è soprattutto grazie ai preziosi feedback dei clienti che possiamo migliorare».
Siamo al 1° piano.
«Se giù ci sono i fuoriclasse da cui prendiamo la carica, qua invece si prende serenità».
I volti che costellano questo ambiente in effetti sono un'altra faccenda: Giovanni Bosco, Pio da Petralcina, Piergiorgio Frassati... li ha fatti scegliere ai suoi collaboratori e, tra i ritratti di questi sponsor del successo umano in senso stretto - che cos'è la santità, se non riuscita della nostra vera vocazione? -, c'è un sacerdote non ancora canonizzato a cui deve molto del suo cammino spirituale, don Pietro Margini, fondatore della Familiaris Consortio.
«Nel nostro customer care sono tutti madrelingua dell'area che ci interessa. In questo settore è fondamentale la dimensione culturale, che non si riduce alla competenza linguistica. Facciamo il 70% di vendite all'estero, i fornitori sono quasi tutti artigiani del made in Italy».
Dopo la grande abbuffata del periodo Covid, c'è stata una contrazione nel mercato digitale, mentre voi avete continuato a crescere. Qual è la ragione principale che giustifica questa tendenza?
«Ci siamo concentrati sui clienti già acquisiti. Abbiamo lanciato un servizio premium e fatto investimenti...Wed, 31 Jan 2024 - 13 - Come lo stato vuole appropriarsi dei tuoi beni
VIDEO: Proprietà privata sotto attacco ➜ https://www.youtube.com/watch?v=9a_OhyVUK4s
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COME LO STATO VUOLE APPROPRIARSI DEI TUOI BENI di Vanessa Gruosso
Sabato 3 giugno si è svolta la 111° conferenza del Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese dove abbiamo avuto il piacere di ospitare don Samuele Cecotti, Vice Presidente dell'Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan.
Il tema della serata è stato l'attacco che viene mosso alla proprietà privata, attraverso la programmata introduzione di una sharing economy, basata sul fatto che nessun cittadino possieda più nulla, ma utilizzi dei beni che verranno utilizzati da altri quando a lui non serviranno più o semplicemente mentre non li sta utilizzando. Il motto "Non possiederai nulla e sarai felice", che ben riassume la sharing economy è stato auspicato dal World Economic Forum, dall'Onu e dall'Unione Europea ed in queste sedi è stato profetizzato che tale obiettivo sarà raggiunto nel 2030.
Si prefigura una lenta evaporazione della proprietà privata, non con espropri forzati imposti da regimi totalitari espliciti, ma semplicemente attraverso l'applicazione di leggi che sfavoriscono in tutti i modi il possedimento di beni come, ad esempio, una tassazione sempre più alta o vincoli sempre più assurdi da rispettare. Ad esempio si sta parlando di applicare standard ecologici sempre più elevati per le case, che non potranno essere vendute se non adeguate a tali standard.
LA QUESTIONE FISCALE
Don Samuele ha approfondito la questione fiscale spiegando che non è lecita moralmente una tassazione più alta del 10%, la quale sarebbe sufficiente se lo Stato si occupasse dei pochi ruoli che gli competono: giustizia, difesa dei confini e ordine pubblico, funzioni diplomatiche. Tutto il resto (la tassazione sugli stipendi dei cittadini, che è più del 50%, è di fatto una forma di esproprio) serve allo Stato per occuparsi di funzioni che non gli appartengono come, ad esempio, la scuola. L'educazione dei figli, infatti, spetta ai genitori, i quali devono occuparsene personalmente o scegliendo qualcuno di loro fiducia. La dottrina sociale della Chiesa spiega con il principio di sussidiarietà che se un ente inferiore è in grado di svolgere una funzione, l'ente superiore non deve intervenire. Quindi, se una famiglia è in grado di provvedere all'istruzione del figlio lo farà da sola; se non è in grado da sola potrebbe unirsi ad altre famiglie e ad esempio formare una scuola parentale. Ma le famiglie non dovrebbero pagare le tasse per l'istruzione pubblica, dato che non è una funzione dello Stato.
Il diritto dello Stato di chiedere le tasse non è un diritto indiscriminato, bensì indiretto e mediato, ciò significa che non può chiedere tutto ciò che vuole, ma soltanto una collaborazione dei cittadini per le funzioni proprie dell'autorità pubblica che sono quelle vista sopra.
Se pensiamo poi che le tasse vengono utilizzate anche per fini immorali e dannosi come l'aborto e il cambio sesso che viene finanziato con i nostri soldi, la questione diventa davvero inaccettabile.
IL PERICOLO DELL'ECONOMIA INCLUSIVA
Per comprendere la gravità di questa visione di economia inclusiva, ha poi spiegato don Cecotti, dobbiamo comprendere la legittimità oltre che l'importanza della proprietà privata. La proprietà privata si fonda su un diritto iscritto nella natura dell'uomo e l'azione dell'autorità umana dev'essere vincolata a quel diritto. A sua volta il diritto di proprietà privata si fonda sul diritto di giustizia che è "dare a ciascuno il suo". Leone XIII nella Rerum Novarum scriveva che i frutti del lavoro sono di chi ha lavorato. L'uomo infatti attraverso l'azione...Tue, 07 Nov 2023 - 12 - La povertà dei poveri non è colpa dei ricchi
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LA POVERTA' DEI POVERI NON E' COLPA DEI RICCHI di Piero Gheddo
La cause radicali della povertà non sono né la colonizzazione, né le multinazionali né l'egoismo dei Paesi ricchi.
I ricchi del mondo hanno tante responsabilità e colpe, ma non quelle di essere stati la radice della povertà dei popoli poveri.
Mi fa pena quando leggo su libri e riviste non "popoli poveri" ma "popoli impoveriti". E spiegano che, prima dell'incontro con la colonizzazione occidentale, ad esempio, i popoli africani o gli indios amazzonici, vivevano una vita naturale, felice, pacifica, solidale.
E' la visione dell'Illuminismo, che non ammetteva il peccato originale: l'uomo nasce buono, la società lo rende cattivo. Ma è una visione ideologica del tutto contraria alla realtà storica.
Basta leggere le biografie dei primi missionari che sono venuti a contatto con popoli anche prima dell'intervento coloniale. Ad esempio i missionari del Pime sono andati nella Birmania orientale nel 1868, quando la colonizzazione inglese, in quelle regioni abitate da popolazioni tribali che vivevano all'età della pietra (non conoscevano il ferro), è iniziata verso la fine del secolo XIX.
Ebbene, i missionari scrivevano che le tribù erano continuamente in guerra fra di loro e descrivono la loro vita grama dicendo che era una vita disumana, poco al di sopra di quella degli animali. Altro che "impoveriti"! Anzi i tribali della Birmania si sono evoluti proprio con l'azione dei missionari, che hanno portato la pace, insegnato a fare e coltivare le risaie (prima erano nomadi), aperto le strade e le scuole, portato la medicina moderna, studiato le loro lingue e fatto vocabolari e raccolte di loro proverbi e racconti e via dicendo.
I "no global" avevano coniato, nel 2001 al G8 di Genova, uno slogan efficace "noi siamo ricchi perché loro sono poveri e loro sono poveri perché noi siamo ricchi". Dico sempre che non si aiutano i poveri raccontando bugie. Come l'altro slogan: "Il 10% della popolazione mondiale consuma il 90% delle risorse ed il 90% degli uomini consumano solo il 10% delle risorse disponibili". Io dico che bisogna correggere così: "il 10% degli uomini producono e consumano il 90% delle risorse, il 90% degli uomini producono e consumano il 10% delle risorse".
Il problema in radice è che prima bisogna produrre e poi consumare: si consuma se si produce e nei Paesi poveri non si produce abbastanza per mantenere il ritmo di crescita della popolazione.
L'Africa è passata da 300 milioni di abitanti nel 1960 a più di 800 di oggi, ma l'agricoltura di base è ancora in buona parte ferma all'epoca coloniale. Alcuni "catastrofisti" dicono che ci sono troppi uomini per poter vincere la fame. Non è vero, il Giappone che ha 342 abitanti per chilometro quadrato (l'Italia 194), una delle densità più alte del mondo e in un Paese tutto montagnoso (è coltivabile solo il 19% del territorio) e dal clima infelice, è autosufficiente nel cibo di base che consuma, cioè il riso.
La fame non deriva dai troppi uomini e donne, ma dal fatto che non sono istruiti, educati a produrre di più, oltre al livello della pura sussistenza.
Ma questo in Occidente non si vuol sentire perché chiama in causa la nostra vera responsabilità, che non è di non aiutare maggiormente e finanziariamente i Paesi poveri e di non pagare con giustizia le loro materie prime (anche questo, ma non anzitutto questo), bensì di non contribuire ad educarli per diventare autosufficienti, prima di tutto nella produzione di cibo e poi di tutto il resto.
Il distacco fra ricchi e poveri nel mondo non è anzitutto un fatto economico, ma culturale-politico. Mentre in Europa, dopo secoli di lento cammino verso l'industria e l'agricoltura moderna, siamo giunti ad avere le tecniche, le capacità,...Wed, 27 Mar 2019 - 11 - Brexit, l'Inghilterra non tornerà mai indietro
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BREXIT, L'INGHILTERRA NON TORNERA' MAI INDIETRO di Giuseppe Brienza
Il 23 giugno del 2016 quasi 47 milioni di cittadini britannici sono stati chiamati a rispondere al referendum che ha determinato il futuro del loro Paese, detto "Brexit", acronimo formato da British ed exit (uscita dall'Ue). L'affluenza è stata rilevante, il 72,21% di elettori, con un esito piuttosto chiaro: favorevoli all'uscita dall'Unione europea (Leave) il 51,89%, a rimanere nell'UE (Remain) il 48,11%. Nonostante il risultato del referendum non fosse vincolante, il Governo di Londra ha interpretato in maniera determinata l'espressione del voto popolare, anche perché la campagna elettorale è stata accompagnata da un bombardamento politico-mediatico nazionale e internazionale totalmente unilaterale e in favore del Remain.
I cittadini del Regno Unito hanno dovuto attendere 4 anni e mezzo per ritornare nel pieno possesso della loro sovranità nazionale. Le complessità tecno-burocratiche imposte dai trattati e dalla Commissione europea hanno infatti dato luogo a quella che non pochi hanno definito una strategia dilatoria che, solo il 31 gennaio del 2020, ha consentito alla Gran Bretagna di lasciare formalmente l'Ue. Dico solo formalmente, perché a "10 Downing Street" si sono dovuti ulteriormente sottoporsi ad un periodo di transizione per il definitivo Leave durato ben 11 mesi, con il 31 dicembre del 2020 come data definitiva della "liberazione da Bruxelles".
Nonostante siano trascorsi dunque soli due anni, da tempo ormai i grandi media nazionali, ripresi acriticamente anche da quelli internazionali, vanno ripetendo che secondo vari sondaggi la Brexit non sarebbe più «di moda». La crisi economica globale starebbe alimentando fra i cittadini britannici «segnali di ripensamento sul divorzio dall'Ue» o, almeno di «delusione su quanto finora conseguito».
I SONDAGGI SARANNO PRESTO RIBALTATI
Premesso che il Pil del Regno Unito è cresciuto di circa il 4% nel 2022 [...], è indubbio che quella che sta vivendo in questi mesi è una delle peggiori recessioni tra le economie del G7. L'economia britannica, infatti, secondo l'ultimo aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale è destinata a contrarsi quest'anno dello 0,6 per cento, in un contesto di PIL globale previsto in rialzo al 2,9 per cento. Quello che si evita di rimarcare, però, è che grazie alle misure della manovra di un Paese che ha ripreso in mano le sue politiche economiche, dovrebbe fare presto ritorno alla crescita (dell'1,3%) nel 2024 e del 2,6 e 2,7% nei due anni successivi, secondo le previsioni recentemente annunciate dal cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt, in pratica l'equivalente del nostro ministro dell'Economia e delle finanze.
In definitiva, quindi, i recenti sondaggi sbandierati sul ripensamento Brexit hanno il fiato corto. Nel senso che in questo particolare momento storico-politico, grazie anche alle campagne degli influencer e degli spin doctors dell'informazione filo-Ue, potrà anche essere che si sta facendo largo «l'idea di un possibile secondo referendum dopo quello vinto dai pro-leave nel 2016». Le cose, però, sono destinate ad invertirsi completamente nel giro di poco più di un anno. Oltretutto sono presentati come "sondaggi" consultazioni di dubbia scientificità statistica come, ad esempio, quello commissionato nel dicembre scorso dal quotidiano online The Independent, secondo il quale a evocare l'ipotesi di una ripetizione del voto sull'Ue sarebbero in questo momento il 65% degli intervistati, contro il 55% dell'anno scorso. Anche a prendere per buoni i risultati, andrebbe comunque correttamente evidenziato che sul ripetere il referendum saranno pure due britannici su tre, ma questa posizione è assai differenziata nei modi. Infatti, secondo i...Tue, 14 Feb 2023 - 9 - Flat tax e quoziente famililare: la Meloni riuscirà dove ha fallito Berlusconi?
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FLAT TAX E QUOZIENTE FAMILIARE: LA MELONI RIUSCIRA' DOVE HA FALLITO BERLUSCONI? di Stefano Magni
Flat Tax e quoziente familiare sono le due novità promesse dalla riforma fiscale del governo Meloni. Le implicazioni, anche morali, sono importanti e si tratterebbe del primo cambio di paradigma nel sistema fiscale italiano.
La flat tax non è una novità, era stata proposta da Berlusconi già nel suo primo governo (1994): un'aliquota unica del 33%. Poi è stata rilanciata da Armando Siri quando era alla testa del suo piccolo partito Pin e proposta dallo stesso Siri una volta che confluì nella Lega: un'unica aliquota del 15%. La flat tax è sempre stata considerata un'utopia, perché la Costituzione stessa prevede che le tasse debbano rispettare un criterio di progressività: chi guadagna di più deve pagare anche proporzionalmente più tasse, con aliquote più alte man mano che cresce il reddito o l'utile. La flat tax non rispetta questo principio, perché prevede un'aliquota unica per qualsiasi fascia di reddito: a prescindere da quel che guadagni paghi sempre il 15% di tasse. Il centrodestra l'ha comunque adottata di nuovo, sempre con l'aliquota unica del 15%. Questa volta si tradurrà in realtà?
UN'IPOTESI FATTIBILE
Il piano su cui lavora il governo Meloni è molto prudente. Prevede l'estensione della flat tax a categorie sempre più ampie di lavoratori, ma mai a tutti i contribuenti in un solo colpo. I primi a beneficiarne sono già i lavoratori autonomi con partita Iva a regime forfetario che fatturano meno di 65mila euro all'anno. La prima parte della riforma che verrà introdotta dal ministro Giorgetti dovrebbe prevedere (salvo cambiamenti) l'estensione della tassa piatta a tutte le partite Iva che fatturano fino a 85mila euro all'anno. Secondo altre anticipazioni, il limite potrebbe essere addirittura portato a 100mila euro. La seconda parte della riforma riguarda anche i lavoratori dipendenti, finora soggetti unicamente a imposta progressiva (Irpef). La tassa piatta, almeno inizialmente, verrebbe applicata all'incremento marginale del reddito. Quindi ad essere tassato al 15% non sarebbe il reddito da lavoro nel suo insieme, ma la differenza fra il reddito dichiarato quest'anno e il reddito più alto fra quelli dichiarati negli ultimi tre anni. In ogni caso, è un risparmio, per il contribuente, rispetto all'attuale tassazione progressiva.
La flat tax ha subito una serie di critiche morali ed economiche negli ultimi trent'anni di dibattito politico in Italia. Prima di tutto è considerata una forma di tassazione che "favorisce i ricchi" e da un punto di vista economico si teme che riduca fortemente il gettito. Il secondo punto è indimostrabile, non essendo mai stata testata in Italia, anche se negli altri Paesi in cui esiste già da decenni, soprattutto nell'Est europeo, si è rivelata un volano della crescita. È invece bene soffermarsi sulla critica morale alla flat tax: veramente favorisce i ricchi? La tassa ad aliquota unica permette di guadagnare di più. Sottrarre il 15% da 20mila euro all'anno non è come sottrarre il 15% da 100mila. Ma da un punto di vista morale rispetta il principio della proporzionalità: ciascuno contribuisce secondo quel che guadagna.
LA PROGRESSIVITÀ PUNISCE CHI PRODUCE REDDITO E OCCUPAZIONE
Il principio opposto, quello della progressività, invece, implica un volere punitivo nei confronti di chi guadagna di più. Non solo deve contribuire di più in senso assoluto, ma anche in proporzione: se il mio reddito è di 15mila euro, pago il 23%, ma se supero i 50mila pago il 43% (quasi la metà).
È quindi difficile sostenere che il secondo principio, quello della progressività, sia moralmente più equo rispetto a quello della proporzionalità. A meno che la ricchezza non venga considerata una colpa.
Per quanto...Tue, 15 Nov 2022 - 8 - Pandemia, clima e gas: tre crisi create artificialmente per comandare i popoli
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PANDEMIA, CLIMA E GAS: TRE CRISI CREATE ARTIFICIALMENTE PER COMANDARE I POPOLI di Eugenio Capozzi
Un legame strettissimo di continuità logica e causale connette la gravissima crisi energetica nella quale oggi ci troviamo con le politiche di "transizione ecologica", le restrizioni/coercizioni "pandemiche", la guerra russo-ucraina.
La massiccia e accelerata riduzione dei combustibili fossili - non compensata da fonti alternative e competitive - e la strozzatura drammatica della domanda generata da lockdown, chiusure, lasciapassare vaccinali, seguita da una improvvisa ripresa a partire dal 2021, hanno prodotto una sproporzione colossale, innaturale tra le materie prime disponibili e le esigenze dei paesi industrializzati.
Le sanzioni adottate da G7 e Ue verso il gas russo, sebbene da esso quasi tutta l'Europa continuerà a essere dipendente ancora per anni, hanno dato il colpo di grazia a una situazione già difficilissima, mettendo bruscamente i paesi del Vecchio Continente davanti allo spettro del razionamento, della paralisi economica, di una recessione catastrofica.
Ma cosa hanno in comune questi tre fenomeni - "decarbonizzazione", lockdown, sanzioni a Mosca? Il fatto di non essere calamità piovute dal cielo, eventi naturali o imposti da circostanze esterne, bensì al contrario decisioni consapevoli delle classi politiche, da loro assunte in piena responsabilità. Decisioni prese come se fossero ineluttabili, come se non ci fossero alternative. Ma non era e non è vero. Si tratta invece di scelte fondate su dogmi ideologici.
Se i governi occidentali (più altri, che però nella pratica si comportano diversamente) hanno deliberato di tagliare drasticamente i combustibili fossili a rischio di lasciare i loro popoli senza energia, industria, collegamenti ciò è avvenuto esclusivamente perché quei governi hanno propugnato come una verità apodittica la tesi - indimostrata, indimostrabile, largamente confutata da teorie e fatti - di una "crisi climatica" catastrofica in corso, causata dalla civilizzazione umana, e più in particolare dalle emissioni di anidride carbonica.
Se i governi occidentali e quelli di altre nazioni industrializzate e popolose (in particolare la Cina) hanno costretto per mesi e mesi le popolazioni a limitare ogni interazione sociale, hanno costretto alla chiusura gran parte degli esercizi commerciali e del terziario, hanno impedito la circolazione delle persone, hanno tagliato fuori dalla vita sociale chiunque non accettasse terapie di dubbia efficacia e sicurezza imposte dai poteri statali e dalle grandi multinazionali farmaceutiche ciò è avvenuto esclusivamente perché essi hanno sposato ciecamente la tesi secondo cui un virus della famiglia influenzale rappresentasse una minaccia pari a quella delle pestilenze dei secoli scorsi, e potesse essere bloccato soltanto attraverso la clausura, l'isolamento, il "congelamento" della vita collettiva, la coazione all'inoculazione più o meno universale con vaccini mai usati prima nella storia.
LE INUTILI (ANZI DANNOSE PER NOI) SANZIONI ALLA RUSSIA
Se, infine, i governi dell'Ue hanno deciso, su pressione degli Stati Uniti, di adottare severissime sanzioni economiche verso la Russia e di ridurre bruscamente da un giorno all'altro i loro acquisti di gas russo, al quale per decenni si erano sempre più affidati, ciò è avvenuto unicamente perché essi hanno fatto propria, senza quasi fiatare, la linea dell'amministrazione Biden e dei vertici Nato secondo cui la Russia putiniana è il pericolo pubblico numero uno per le democrazie occidentali, la rottura dei rapporti commerciali con esso è uno strumento necessario per fermarne le mire imperialistiche, e tale rottura in breve tempo avrebbe mandato all'aria la sua economia.
Naturalmente, come molti osservatori di economia avevano...Tue, 06 Sep 2022 - 7 - La guerra in Ucraina e il rischio carestia (anche per noi)
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7032
LA GUERRA IN UCRAINA E IL RISCHIO CARESTIA (ANCHE PER NOI) di Giulia Tanel
La guerra in Ucraina, per quanto ad oggi veda i combattimenti realizzarsi in un fazzoletto di terra piuttosto circoscritto, ha tuttavia ripercussioni altre che interessano il mondo nella sua globalità. E questo non solo, e non tanto, a livello di parole, di dialoghi e azioni più o meno diplomatiche, o di venti di paura, quanto a un livello molto concreto: basti guardare al fronte umanitario, o al versante economico e industriale, in primis con tutte le questioni legate alle materie prime e con l'inflazione che galoppa... ma anche alla sempre più concreta possibilità che si vada a breve profilando una vera e propria emergenza alimentare globale, che fa seguito al già consistente aumento del costo registrato dei prodotti alimentari, stimato a circa un +30%, secondo quanto affermato da António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza su crisi alimentare e conflitti. Guterres che ha anche dichiarato: «Conflitto significa fame»... e non solo per i Paesi direttamente coinvolti.
IL PROBLEMA DEL GRANO
In particolare, il problema principale si concentra sul grano, oltre che sui semi di girasole, sull'orzo e sulla colza. Infatti, l'Ucraina - e con lei la Russia, andando tra i due Paesi a coprire un quarto della produzione globale - è tra le "riserve di grano" più importanti, ma ora la sua catena di produzione e l'export sono fortemente compromessi: di qui, sul lungo periodo, la carenza. E, dato che piove sempre sul bagnato, proprio quest'anno la produzione di grano che normalmente avviene in altri Paesi subirà una contrazione, soprattutto in relazione al clima: tanto che l'India - il secondo produttore di grano al mondo - ha bloccato le esportazioni, a tutela del proprio mercato.
E così lo spettro di una crisi globale si fa sempre più concreto. Tanto che, stando solo a questi ultimi giorni, non sono stati pochi gli articoli pubblicati sui media dedicati al tema, spesso in relazione a dichiarazioni pronunciate dai massimi vertici in materia. Il tutto, ovviamente, con titoli un po' urlati ma, in questo caso, forse a ragione; stando solo al panorama italiano troviamo: Ucraina, Kiev: "Rischio più grande carestia della storia", scrive AdnKronos; La via del grano è interrotta: chi nel mondo è a rischio fame, fa eco il Corriere; Crisi alimentare globale nel 2022, cresce l'allarme. Perché riguarda anche l'Italia, scrive il Quotidiano nazionale; e via di questo passo.
ESPORTAZIONI BLOCCATE
Che il problema sia concreto, lo dicono i numeri. Stando alle dichiarazioni del ministro dell'Agricoltura ucraino Mykola Solskiy, prima della guerra il suo Paese esportava 5 milioni di tonnellate di grano al mese, utili per sfamare 400 milioni di persone nel mondo: ad aprile invece l'esportazione totale è stata un quinto, con solo un milione di prodotto spedito all'estero. «Almeno 44 milioni di persone in 38 paesi sono a un passo dalla carestia», ha affermato ancora il già citato Guterres, mentre altre fonti parlano di «allarme carestia in 53 Paesi». In particolare, a rischio sono i Paesi più poveri, già in difficoltà, soggetti coinvolti nel Programma alimentare mondiale (Pam), che vedeva l'Ucraina fornire il 50% del grano.
D'altronde il 98% del grano esportato passa per il porto di Odessa, dove attualmente sono stoccati 20 milioni di tonnellate di cereali, e l'ipotesi di un'esportazione ucraina via terra, in particolare via rotaia, è attualmente impraticabile. Nel frattempo, riporta FanPage, il G7 sta provando a fare in modo «di far viaggiare i beni su 10.000 camion dall'Ucraina ai porti rumeni e baltici, per poi far partire da lì le navi per tutto il mondo», ma l'effettiva fattibilità non è scontata. Nel contempo, il dialogo tra...Tue, 07 Jun 2022 - 6 - Un imprenditore dona 6mila euro ai dipendenti che fanno figli
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UN IMPRENDITORE DONA 6 MILA EURO AI DIPENDENTI CHE FANNO FIGLI
Il barone Vitantonio Colucci promuove le culle nella sua Plastic-Puglia... e chi nasce ha il posto fisso assicurato!
di Caterina Giojelli
«Se non li aiuta lo Stato, li aiuto io. Anzi li premio: nel 2019 col bonus di 6 mila euro alla nascita, nel 2020 ho aggiunto 300 euro al mese in busta paga per i neopapà. E nel 2021 rilancio in pianta stabile le iniziative». Stiamo parlando di circa diecimila euro, e quanti bambini sono nati dal 2019? «Più di venti. Ho oltre duecento dipendenti, quasi tutti giovani, aiutarli a proiettare le proprie speranze nel mondo era il minimo che potessi fare».
Dateci cento, mille, un milione di Vitantonio Colucci. Lo diciamo ogni volta che incontriamo un imprenditore col fegato di investire sulla famiglia (Dio benedica Roberto Brazzale e Vinicio Bulla, solo per citarne un paio); lo diciamo anche oggi che il barone, Grand'Ufficiale della Repubblica Italiana, fondatore e titolare dal 1967 del Gruppo industriale Plastic-Puglia di Monopoli, in piena pandemia ha deciso di rimettere mano al welfare aziendale e dare una sterzata all'"effetto Chernobyl" (dopo l'arrivo della nube tossica la natalità calò in Italia del 10 per cento): «Qui si deve stare dalla parte di padri, madri, famiglie altrimenti non si salva nessuno».
QUI OGNI NATO HA GIÀ IL POSTO FISSO
Cresciuto a mare, rispetto e lealtà, navigando fin da giovanissimo come ufficiale marconista e capitano di lungo corso, intraprendente e affezionato ai suoi uomini come solo chi ha gestito una compagnia, un equipaggio, un piccolo reggimento sa fare, Colucci ricorda i costi della rottura del giocattolo del rimpiazzo generazionale, dei record di denatalità battuti ogni anno mentre stiamo raggiungendo l'1 a 1 tra pensionati e lavoratori, «e lo Stato che fa? Pensa di riempire le culle di un paese sempre più vecchio con le mancette, i bonus o altri surrogati del reddito di cittadinanza? Io ora penso ai miei uomini, così come ogni imprenditore che può ha il dovere di farlo, ma lo Stato, che ci vuole tutti suoi figli, invece degli slogan paternalisti, s'inventi la professione mamma regolarmente retribuita».
Non è un'intemerata, il patron del gruppo leader nel settore dell'irrigazione di precisione ha fatto i conti e lavora a una proposta, nel frattempo si gode i frutti dei suoi incentivi: «Da noi si dice che ogni bimbo nato ha già il posto fisso. Ed è così, qui il ricambio generazionale esiste, molti figli dei miei dipendenti lavorano già nella nostra azienda e molti altri accoglieremo a braccia aperte. Non dovrebbe ragionare così qualunque imprenditore, qualunque paese cosciente che non c'è sviluppo economico senza sviluppo demografico?».
IL CONTRATTACCO PRIMA DEI DPCM
In scala aziendale a lui rende moltissimo: «I dipendenti contraccambiano con attenzione, rispetto, impegno, un buonissimo lavoro e il bilancio ringrazia». Per capirci, nell'anno della pandemia la Plastic-Puglia ha fatturato più di prima: «Il presidente del Consiglio Conte è comparso in tv a febbraio proclamando "non allarmiamoci", e io allora mi sono veramente allarmato»: in capo a pochi giorni il grand'ufficiale Colucci, senza attendere il carnevale dei dpcm, passava al contrattacco in azienda: «Abbiamo davanti un nemico insidioso, occulto e letale, non abbiamo armi se non la nostra sola responsabilità: questo ho detto ai miei dipendenti introducendo ferree regole di distanziamento e per la messa in sicurezza della Plastic-Puglia. E il virus qui non è arrivato».
Zero contagi «e non ci siamo fermati un solo giorno e una sola notte. Diceva mia nonna, "ogni impedimento diventi un giovamento", e alla fine abbiamo chiuso l'anno in bellezza, festeggiando nuovi bambini». E senza chiedere un soldo allo Stato, «semmai sono...Thu, 25 Mar 2021 - 5 - Sai cos'è il grande Reset?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6452
SAI COS'E' IL GRANDE RESET?
I signori del denaro cambieranno il mondo per come lo conosciamo, soprattutto nei rapporti di lavoro, nelle relazioni umane e aumentando il controllo delle persone
di Aldo Maria Valli
L'espressione Great Reset è ormai di dominio pubblico ed entra in molte analisi e discussioni. Spesso però in proposito si resta nel vago. Per rendere più chiaro che cosa si prefiggono i teorici di questa manovra epocale può essere utile dare un'occhiata al cosiddetto libro bianco, intitolato Resetting the Future of Work Agenda in a Post-Covid World, pubblicato dal World Economic Forum.
Questo documento di trentuno pagine spiega come eseguire (o implementare, come si usa dire oggi) il programma contenuto nel libro Covid-19. The Great Reset, scritto da Klaus Schwab, il fondatore del World Economic Forum, con Thierry Malleret.
Resetting the Future si occupa, come arco di tempo, del decennio dal 2021 al 2030. Ed ecco, in sintesi, che cosa prevede per quanto riguarda il lavoro.
Prima di tutto un'accelerazione dei processi di lavoro digitalizzati, che dovrà portare l'84% di tutti i processi di lavoro a essere digitalizzati o realizzati via video.
Circa l'83% delle persone dovrà lavorare a distanza, senza interazioni tra persone, all'insegna di un assoluto distanziamento sociale.
Si prevede che almeno la metà di tutte le attività sarà automatizzata: in altre parole, il contributo umano diretto sarà drasticamente ridotto, anche nello stesso lavoro a distanza.
Anche le attività di upskilling e reskilling dovranno essere digitalizzate. Con upskilling si indica lo sviluppo di competenze aggiuntive che aiutano a rendere una persona più efficace e qualificata nel suo ruolo. Con reskilling si indica lo sviluppo di abilità significativamente differenti per far sì che una persona sia in grado di ricoprire un ruolo diverso. Il 42% dell'aggiornamento delle competenze o della formazione per nuove competenze sarà digitalizzato: in altre parole, anche in questo caso l'imperativo è evitare il contatto umano e realizzare tutto mediante computer, intelligenza artificiale e algoritmi.
ED ECCO ALTRI OBIETTIVI
Accelerare l'attuazione dei programmi di riqualificazione, così che almeno il 35% delle competenze sia "riqualificato": significa che le competenze raggiunte dovranno essere abbandonate.
Accelerare le trasformazioni degli assetti organizzativi. Si prevede di "ristrutturare" il 34% delle attuali strutture organizzative, così che siano dichiarate obsolete. L'obiettivo è fare spazio a nuovi set di quadri organizzativi, così da garantire, anche mediante la digitalizzazione, il massimo controllo su tutte le attività.
Riassegnare temporaneamente i lavoratori a compiti diversi: si prevede che questa sorte toccherà a circa il 30% della forza lavoro. Ciò significa rivedere anche le scale retributive.
Ridurre temporaneamente la forza lavoro: si prevede che questo destino interesserà il 28% della popolazione. Si tratta di fatto di disoccupazione, anche perché non è precisato che cosa si intenda con il termine "temporaneamente".
Riduzione della forza lavoro, così che almeno il 13% della forza lavoro sia ridotto in modo permanente.
Solo un 4% della forza lavoro non sarà toccato da queste misure.
Questo, a grandi linee, il processo concreto di implementazione del Great Reset.
Ma ricordiamo che il Great Reset prevede anche uno schema di credito, in base al quale un debito personale potrà essere "condonato" dietro la consegna di tutti i beni personali a un ente o un'agenzia amministrativa.
DOMANDE INQUIETANTI
Di fronte a questi obiettivi sorgono ovviamente molte domande. E la prima è: qual è l'interesse precipuo in base al quale i teorici del Great Reset formulano certe visioni,...Tue, 02 Feb 2021 - 4 - Il BitCoin di stato permetterà il controllo totale dei cittadini
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6408
IL BITCOIN DI STATO PERMETTERA' IL CONTROLLO TOTALE DEI CITTADINI
di Maurizio Milano
Che cos'è una "divisa digitale"? Il Bitcoin e altre cripto-valute, come l'Ethereum e il Ripple, sono asset finanziari sui generis, che possono diventare anche mezzi di pagamento alternativi, generati "dal basso" attraverso un processo detto "mining" con cui vengono introdotte quotidianamente nuove unità attraverso l'elaborazione di complessi algoritmi, che richiedono grande potenza di calcolo e comportano anche elevati consumi di energia elettrica.
La tecnologia su cui si basano le cripto-valute, la cosiddetta blockchain, è a prova di hacker perché le informazioni sono distribuite in "infiniti" nodi decentrati a vari livelli, e ciò costituisce ovviamente una sicurezza che, unitamente alla tutela della privacy, va a contemperare il rischio legato all'immaterialità della divisa digitale. L'espansione del bitcoin è legata ad una progressione secondo una serie geometrica ogni 4 anni, che tende asintoticamente ad un ammontare massimo predefinito, pari a 21 milioni di unità. Il limite massimo fissato ex-ante la rende appetibile per una scommessa sulla salita del valore nel corso del tempo: dall'introduzione a ridosso dello zero nel 2008, il bitcoin è rimasto al di sotto dei 1.000 dollari Usa fino alla primavera 2017, per poi esplodere recentemente verso quota 20.000$.
L'euforia sulle quotazioni del bitcoin negli ultimi anni ha attratto, nonostante l'estrema volatilità, un numero crescente di risparmiatori alla ricerca di un'alternativa agli investimenti tradizionali nelle divise fiat delle Banche Centrali. Una sorta di "oro digitale", una "riserva di valore" per proteggersi dalla crescita esponenziale della liquidità globale, virtualmente senza limiti, che potrebbe innescare in futuro fiammate inflazionistiche, deprimendo il potere d'acquisto del denaro "tradizionale". E così da semplice asset finanziario, per quanto molto particolare, il bitcoin è gradualmente diventato anche mezzo di pagamento, cioè "denaro" utilizzabile direttamente in molti scambi: è stata quindi superata definitivamente la fase in cui gli investitori istituzionali lo guardavano con scetticismo e le Banche Centrali con indifferenza e snobismo.
UN ULTERIORE PASSO IN AVANTI... VERSO IL BARATRO
Tanto che ora le stesse Banche Centrali stanno copiando l'idea e progettano anch'esse l'introduzione di proprie "divise digitali". La più avanti di tutte è la Cina - il che è già sufficiente a guardare con sospetto all'idea -, ma anche la BCE sta studiando seriamente la cosa. L'introduzione di divise digitali è un ulteriore passo in avanti verso la visione "nominalista" del denaro, dominante in tutti i sistemi monetari moderni.
Archiviato nel 1971 il regime monetario aureo denominato gold-exchange standard, con la fine degli accordi di Bretton Woods, il "denaro" non ha più alcuna base "reale" ed è divenuto un semplice "segno". Cioè denaro "fiduciario", fiat, emesso in regime di monopolio da una Banca Centrale che lo crea ex-nihilo, immesso nei circuiti come "moneta scritturale" dalle banche commerciali e considerato legal tender per imposizione pubblica, col dovere quindi dei creditori di accettarlo nei pagamenti e dei contribuenti di usarlo per pagare le tasse.
Nei moderni sistemi monetari nominalisti le Banche Centrali possono quindi espandere i propri bilanci pressoché ad libitum, anche per acquistare a man bassa asset sui mercati finanziari; le banche commerciali, grazie al meccanismo del "moltiplicatore dei depositi", possono poi erogare prestiti detenendo una riserva frazionaria minima (nell'area euro è pari all'1%), e quindi spingere potenzialmente gli impieghi a decine di volte tanto i depositi, virtualmente fino a 100 volte tanto. Il rischio di un'espansione creditizia senza...Wed, 23 Dec 2020 - 3 - L'ossessione per l'uguaglianza livella tutti nella miseria
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5953
L'OSSESSIONE PER L'UGUAGLIANZA LIVELLA TUTTI NELLA MISERIA di Alessandra Nucci
A un certo punto della storia recente, all'incirca a partire dalla caduta del muro di Berlino, il concetto di giustizia in Occidente si è trasformato da "a ciascuno il suo", basato sul rispetto della proprietà privata e del merito, ad "a ciascuno secondo il bisogno", che suona cristiano ma in realtà era lo slogan di Lenin e di cristiano ha solo, appunto, il suono. Cristo disse quasi esattamente l'opposto di Lenin, quando concluse la parabola dei talenti con "a chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha" (Mt 25,29), ma tant'è. Da diverso tempo i politici, le Ong e i guru del pensiero unico politicamente corretto, nonché ormai anche tanti della sponda opposta, di pensiero conservatore o libertario, dichiarano di impegnarsi non per combattere la povertà ma per ridurre le diseguaglianze, come se i poveri fossero poveri semplicemente perché i ricchi sono ricchi.
In realtà c'è ben poca correlazione fra i tassi di povertà e la diseguaglianza. Nella pratica dei fatti si è visto che ridurre le disuguaglianze economiche non equivale a ridurre la povertà. Anzi. Dal 2008 la recessione negli Usa e nel mondo ha ridotto le disuguaglianze, riducendo la ricchezza in mano ai ricchi ma non certo migliorando le condizioni dei poveri. La perdita di potere d'acquisto da parte dei benestanti non migliora ipso facto le condizioni dei poveri, semplicemente drena le risorse utilizzabili in una società.
La superstar della pubblicistica in tema di diseguaglianze è il francese François Piketty, il cui "Capital in the Twenty First Century" (2014) è il bestseller del settore. Peccato però che non si sia molto diffusa la notizia che il tema centrale della sua opera, l'affermazione secondo cui le diseguaglianze patrimoniali starebbero tornando a livelli di prima della prima Guerra mondiale, risulta minato da formule errate ed errori di trascrizione dalle fonti originali. Non lo dico io ma il Financial Times, secondo cui alcuni dati di Piketty risultano scelti arbitrariamente o costruiti senza una fonte originale al fine di far tornare il risultato voluto, mentre una volta ripuliti i dati e semplificati, i numeri europei dopo il 1970 non dimostrano alcuna tendenza verso l'incremento della disuguaglianza patrimoniale.
LE SBAGLIATE IDEE DI MARX
Il fatto però è che è comunque sbagliato utilizzare l'uguaglianza come misura del benessere economico. Infatti se da una parte non esiste un travaso automatico dalle tasche dei poveri a quelle dei ricchi, dall'altra le opportunità dei cittadini sono collegate fra loro ed è il lavoratore a rimetterci se un imprenditore manca dei mezzi per pagare gli stipendi, o se non investe nelle start-up, oppure se non trova compratori per le merci offerte. Se al privato che produce si sostituisce lo Stato con le sue burocrazie, i mezzi li preleverà dalle medesime forze produttive, ma aggiungendoci i propri costi e depurandoli del necessario per pagare stipendi e costi vari.
L'idea marxiana che i profitti di uno comportino necessariamente delle perdite da parte di un altro corrisponde a una visione ottocentesca dell'economia a somma zero, radicata nella società agraria pre-industriale. Di conseguenza la richiesta politica è sempre quella di interventi per aumentare le tasse sui ricchi (la famigerata nebulosa del "1 %"), al fine di spendere di più sulla scuola, dare più poteri negoziali ai lavoratori ed essere meno tolleranti delle fusioni fra multinazionali. Ma l'economia non è di dimensioni fisse, in cui l'unica variabile è la distribuzione. Grazie alla creatività dell'essere umano, l'intera torta può crescere, mettendo a disposizione di tutti una quantità maggiore di risorse… a patto di lasciare un'effettiva...Thu, 09 Jan 2020 - 2 - Ereditare la Faac era folle, ma il vescovo di Bologna Caffarra fu l'unico a crederci... e aveva ragione
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5579
EREDITARE LA FAAC ERA FOLLE, MA IL VESCOVO DI BOLOGNA CAFFARRA FU L'UNICO A CREDERCI... E AVEVA RAGIONE di Andrea Zambrano
"Se lo facessi per soldi avrei già lasciato, lo faccio per tutte le famiglie bolognesi che non devono essere licenziate". Quando nel 2014 il cardinal Carlo Caffarra (1938-2017) si trovò di fronte alla decisione più insolita della sua vita non sapeva che 5 anni dopo quella visione avrebbe assunto i contorni della profezia. E così è andata, perché non è certo consueto che una curia episcopale si trovi di punto in bianco a occuparsi di bilanci e strategie aziendali, ma l'accettazione dell'eredità Faac lo proiettò improvvisamente in una partita più grande di lui. Rischiosa, perché occuparsi di impresa è difficile per un manager navigato, figuriamoci per un vescovo digiuno di competenze manageriali; impopolare, perché avere a che fare con maestranze e sindacati, ti espone a critiche e strumentalizzazioni. Ma a conti fatti oggi possiamo dire che quella di Caffarra fu un'intuizione geniale, maturata anzitutto nella fede nella Provvidenza che aveva voluto che quel ricco imprenditore, Michelangelo Manini, che da solo aveva portato la Faac ad essere una delle aziende leader nel mondo di produzione di cancelli automatizzati, lasciasse alla sola curia di Bologna il suo immenso patrimonio, azienda compresa.
PROVVIDENZA E PROFEZIA
Una provvidenza che oggi, grazie a Caffarra, vede la Chiesa di Bologna far fronte alla carità cittadina per circa 5,5 milioni di euro all'anno. In questi anni di gestione ecclesiale la Faac, sotto l'egida del successore di Caffarra, Matteo Maria Zuppi, naviga nel suo segmento di mercato con numeri da capogiro: nel 2014 i dipendenti erano 1000 e il fatturato di 284 milioni di euro. Oggi a fronte di un fatturato di 428 milioni di euro i dipendenti sono più che raddoppiati, 2500, e godono di benefit aziendali che la media degli operai può sognarsi.
"È tutto merito di Caffarra - spiega al Timone l'arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi - fu coraggioso perché le difficoltà dopo l'accettazione dell'eredità furono enormi". Eredità che Caffarra poteva anche non accettare, dato che Manini, nel suo testamento previde in caso di rinuncia della curia di Bologna che il lascito passasse alla Croce Rossa Internazionale e in caso di rifiuto, allo Stato Italiano.
"Invece Caffarra vide lungo e dovette affrontare, prima che gli ostacoli societari, l'opposizione anche nella Chiesa di quanti gli dicevano che la Chiesa non deve occuparsi di fare business". Business no, ma se la ricchezza serve per la promozione della fede e della carità, allora quei soldi dovevano essere benedetti. Infatti, Caffarra si decise e avviò una lunga vertenza con i famigliari di Manini che reclamavano quei beni. La vertenza si concluse con la liquidazione dei parenti e solo a quel punto l'azienda venne data in mano a un trust di tre professionisti.
"Si tratta di una soluzione prevista dal diritto societario anglosassone che in Italia non è molto presente", ci spiega monsignor Gian Luigi Nuvoli economo della Diocesi di Bologna e che nella vertenza Faac fu al fianco di Caffarra sempre, tanto da risultare il suo braccio operativo. "Sì, io ho sempre condiviso le sue idee sulla Faac e mi sono preso anche io la mia bella dose di critiche". E di accuse. Nel 2015 viene accusato di simulazione di reato, un furto avvenuto nella tenuta di Manini. "Venni prosciolto con formula piena da tutte le accuse assieme all'avvocato Moschetti".
Gli ostacoli non mancarono neppure sul fronte societario. La Faac era una multinazionale in utile, molto appetibile e "finalmente" senza comando. Non fu difficile ai tanti competitor provare azioni più o meno esplicite di acquisto dell'intera proprietà. "Siamo stati aggrediti da tantissimi concorrenti", insiste...Wed, 20 Mar 2019 - 1 - Analisi controcorrente su poverta', diseguaglianza e immigrazione
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5146
ANALISI CONTROCORRENTE SU POVERTA', DISEGUAGLIANZA E IMMIGRAZIONE di Ettore Gotti Tedeschi
Un recente rapporto pubblicato in Spagna dalla Università IE di Madrid (Edoardo Campanella) spiega quanto l'Europa stia impoverendo. Nel 2016 un quarto della popolazione europea era a rischio povertà, più alto in paesi quali Italia, Spagna e Grecia, un po' meno (intorno a un quinto della popolazione) in Germania e Francia.
In Italia, una decina di anni fa, avevamo circa 5 milioni di abitanti in difficoltà economiche. Negli ultimi 10 anni sono triplicati (particolarmente nelle regioni meridionali del paese). Forse basterebbero queste considerazioni per riflettere sulla bontà ed opportunità del fenomeno immigrazione? Forse basterebbero questi numeri per spiegare l'insistenza del Movimento 5 Stelle a promettere, prima delle elezioni, il reddito di cittadinanza? E Berlusconi quello di dignità? Vorrei proporre ai lettori della NBQ una riflessione che contrasta chiaramente con le opinioni diffuse durante questo pontificato, sia sul concetto di povertà, di diseguaglianza e di immigrazione.
Comincio ricordando che in un'area economica dove c'è diseguaglianza nella ripartizione della ricchezza, i meno fortunati sono sempre sostenuti (grazie a modelli di ridistribuzione ricchezza: con tasse, salari minimi, ecc.) affinché possano vivere decentemente. Al contrario, in un area dove c'è povertà strutturale, no. Lì, come si dice, "muoiono di fame".
COSA È PREFERIBILE?
Ora proseguo con una breve lectio su cosa è la ricchezza, povertà e quali sono le loro origini. Ogni epoca storica ha avuto un suo pensiero economico: dopo il 1500 (epoca delle grandi scoperte) il pensiero mercantilista attribuiva la ricchezza di una nazione alle risorse (materie prime) di cui disponeva; successivamente il pensiero fisiocratico ritrovò la ricchezza nella terra e nell'agricoltura; finché nel 1776, il grande economista Adam Smith scoprì che la ricchezza (vedi suo libro La Ricchezza delle Nazioni) dipendeva dal lavoro produttivo e questo discendeva dalla creatività ed intelligenza degli operatori economici. La lezione implicita è perciò che la ricchezza di un paese non è legata alla diponibilità di materie prime, alla sua posizione geografica e altro, bensì all'ingegno degli abitanti.
La formula di successo dell'Occidente è stata far crescere il numero di abitanti facendo così crescere (statisticamente) il numero di persone di genio, mentre facevano anche crescere il Pil grazie allo sviluppo naturale. Questo mondo occidentale è ora divenuto povero per sua scelta (influenzata da dottrine gnostiche, naturalmente, che hanno concorso a corrompere i valori morali), smettendo di fare figli e pertanto frenando la crescita e, statisticamente, il numero di creature geniali. Sostituendo detto modello con consumismo esasperato e delocalizzazione, producendo invecchiamento, deindustrializzazione, povertà della nazione, e tante altre conseguenze (politiche, sociali, culturali, morali...). Ma giustificando in tal modo anche il processo di immigrazione insensata, forzate e pianificata, che conseguentemente lascia pensare i meno ingenui che questa fosse l'obiettivo intermedio.
IL VERO OBIETTIVO FINALE: RIFARE LA CREAZIONE E LA CREATURA
Vero obiettivo finale è invece fondere popoli e razze al fine di realizzare il sogno gnostico di rifare la Creazione e la creatura. Prima grazie al passaggio intermedio di creazione di un meticciato culturale e razziale, poi realizzare il necessario sincretismo religioso. Infine interventi di genetica, grazie alla scienza disponibile. Ma c'è anche qualche altro particolare di cui tener conto. Il processo di immigrazione (soprattutto da paesi africani e di religione musulmana) serve anche a fronteggiare un problema imprevisto: la naturale invasione...Wed, 18 Apr 2018
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